Tornando al discorso della griglia come figura antecedente all’attuale schermo che trasmette informazioni, emerge un altro fondamentale quesito: come faccio a trasmettere dati tridimensionali ? La risposta è banale: aggiungo una terza variabile alla griglia. Questa corrisponderebbe a quella che chiamiamo ‘’ normal ’’, la perpendicolare, la direzione in cui sono disposti gli elementi. Andiamo nel dettaglio: partiamo da un punto nel piano. Il punto esiste solo come posizione, non ha sostanza materiale, non ha geometria, l’unica cosa che posso fare è spostare il punto usando un vettore, ecco una linea . Trascinando la linea si ha un piano , poi un volume , tramite un processo che si chiama estrusione , che puo’ avvenire in tante direzioni. Un’altra famiglia di possibili movimenti del punto è quella delle rotazioni , la differenza è che nel caso delle rotazioni il vettore di riferimento, quindi l’asse di rotazione, è esterno al punto. Il triangolo è la forma con meno lati possibile che una rotazione puo’ generare. Questo significa che è il piano più piccolo possibile, è la prima forma rigida, e significa anche che puo descrivere forme piu complesse (mesh), altra conseguenza è che è il cerchio più piccolo, infatti dal triangolo deriva l’area del cerchio, come approssimazione della figura a una serie di triangoli (3,14). La terza famiglia è quella dello swip , che è un’estrusione manipolata nello spazio, sistema con cui si fanno le barche, funziona solo se le figure hanno lo stesso numero di punti e cambiano solo dimensioni. C’è un’altra modalita generativa di tipo scultoreo, cioè si parte da un oggetto tridimensionale , (invece di partire da un punto): posso scavarlo, posso combinarlo con un altro, posso attaccarli e poi considerare solo lo spazio di sovrapposizione dei due. Tutti questi processi possiamo definirli con operazioni algebriche, e queste sono quelle che consentono al CAAD di attuare operazioni booleane . Un’altra famiglia basata su operazione algebriche è quella delle curve di Bezier .
La concezione del tempo cambia, comprendiamo lo spazio in una maniera sempre diversa, nel misurarlo espletarlo ecc., non esiste un’idea oggettiva dello spazio e del tempo, ma delle forme storicamnete date che variano nel tempo insieme alle nostre conoscenze scientifiche. Richiamando il romanzo Flatland, ragioniamo su questa tesi. Partiamo da un presupposto: il tempo è la prima dimensione dello spazio . Lo spazio si misura con il tempo, basti immaginare un mondo lineare, in cui ci si puo’ muove solo in una dimensione, solo lungo una linea, per conoscere questo spazio l’unico modo è percorrerlo, perchè non ho mezzi come la vista che mi consentano di guardare oltre il luogo in cui mi trovo. Allora lo spazio diventa un intervallo percorribile , e la sua minima dimensione è quella di una linea. Questo crea una sorta di idea che per procedere abbiamo bisogno di una terza formulazione, cioè che il punto in questo nuovo contesto non ha nè spazio nè tempo. Quindi il punto non ha nè spazio e nè tempo , non è un intervallo percorribile, anche dal punto di vista fisico, i buchi neri sono un collassamento della materia di immensa potenzialità di energia, ma senza dimensioni, è in potenza, è tutto e niente. Posso inoltre intuire la presenza di una dimensione superiore da una dimensione inferiore (posso proiettarla), quindi ogni sistema di riferimento inferiore è contenuto in un sistema superiore e inoltre, ogni sistema ha spazio e tempo autonomi e diversificati . Dall’ultima supposizione deriverebbe che spazio e tempo non sono oggettivi. Pensiamo ad una linea disegnata su un foglio che va da A a B, siamo in un sistema a due dimensioni, e la linea in questione rappresenta la traiettoria più facile e veloce per andare da A a B. Curvando il foglio, e poi curvandolo ancora di più, la linea e le sue dimensioni rimangono invariate, ma non continuerà ad essere la traiettoria più facile per raggiungere B. Tempo e spazio quindi, dipendono dal sistema di riferimento che si usa. Si puo’ passare da un mondo a tre dimensioni ad un altro? Si, basti pensare ad un pesce che vive e conosce soltanto il mondo marino, ed opera un salto per conoscere l’esterno del suo mondo. E il metodo di conoscenza di un altro mondo si chiama esattamente ‘’ salto ’’, inteso come comprensione di altri sistemi di valori. L’introduzione del concetto del salto, apre la strada a quello che a noi interessa: l’esistenza di un mondo a quattro dimensioni . Ora, esisteno dei limiti oggettivi per cui, il mondo a tre dimensioni puo’ essere vissuto da uomini o animali che hanno le capacità fisiche per poterlo fare, e non hanno le capacità di vivere in un mondo a quattro dimensioni. Sulla base di quanto detto finora, il mondo a quattro dimensioni contine infiniti mondi a tre dimensioni , e il soggetto appartenente ad uno di essi può conoscere uno e l’altro operando un salto, in senso teorico. Quindi intendiamo il mondo a quattro dimensioni, come contenitore di altri mondi a tre dimensioni diversi, intermini di spazio e tempo, da quello cui noi apparteniamo. Entra in gioco il concetto di ‘’protesi’’, intesa come mezzo che estende le capacità dell’uomo, ed in particolare, per quello che a noi interessa, ‘’ protesi tecnologiche ’’, e Internet ne è un grande esempio, come moltiplicatore di spazi e tempi. L’informatica e la tecnologia quindi, non rappresentano soltanto un modo per praticare il nostro mondo tridimensionale ma è uno degli strumenti che ci possono proiettare in mondi ad altre dimensioni.
[Tempo prima dimensione dello spazio, Antonino Saggio.]Gehry fonda la sua identità progettuale sulla massa , sulle traiettorie e sulle intersezioni tra gli elementi, portando avanti un lavoro personale sulle tre dimensioni. Le opere di Frank Gehry sono quindi caratterizzate da una grande plasticità, sono opere che sfruttano a pieno il concetto della tridimensionalità al punto che, Gehry stesso forte del suo percorso di vita, decide negli anni di creare un settore Digital technology , dedicato alla gestione e alla manipolazione delle forme tridimensionali (come branca nel suo studio). Il nome ‘’Owen’’ si deve a Robert Owen , uno dei primi socialisti, infatti possiamo definirlo ‘’compagno di strada’’ della pop art, movimento artistico che guardava in maniera ironica al mondo popolare. Riguardo all’Imprinting di Gehry, trascorre la sua giovinezza nella ferramenta del nonno, approfondendo una forte passione per i materiali da costruzione . L’analisi in questione sull’attività di Gehry ruota attorno alla descrizione di sei tecniche adottate, che si susseguono anche in termini cronologici. assemblare 1. (cheapscape): utilizzo di materiali semplici che si trovano in America, an accordo con la sua giovinezza trascorsa all’insegna del bricolage. (Casa Gehry, Santa Monica 1978) spaziare 2. : Assorbe l’idea dei piccoli complessi a villaggio da altri architetti, insediamenti informali e rurali, e i vari pezzi che compongono l’architettura sono disposti per creare delle relazioni uno con l’altro. I volumi insieme vengono a creare degli ambiti in cui si parlano in una maniera informale. Ogni elemento ha una sua individualità, elementi diversi uno accanto all’altro, il che è necessario per creare una relazione tra elementi indipendenti, devono essere tutti iconici. (Padiglione ospiti, Residenza Winton, Wayzata (Minnesota) 1983-1987) separare 3. : è una fase conseguente alla precedente, per ottenere ancora maggiore tensione taglia gli elementi. (Centro commerciale, uffici e museo Edgemar, Santa Monica 1984-1988) fondere 4. : operazioni booleane tra gli elementi, nuovo tipo di plasticità (Sede degli uffici nazionali olandesi, Praga 1992-1997**)** slanciare 5. : forze che si muovono, lanciano vettori, ambienti che vibrano, interpreta Boccioni e il futurismo. Abbiamo l’esempio del Guggheneim, aveva appositamente scelto un’area complessa, nodo urbano a cavallo di un ponte e di intersezioni di strade. liquefare 6. : rimandi acquatici, sembra di essere in un acquario. (Casa Lewis, Ohio, 1995)